Sui Passi della Fede

– Padre Nostro –


Don Bruno Maggioni
Don Bruno Maggioni

INDICE:


1. Padre Nostro
2. Che sei nei cieli
3. Sia santificato il tuo Nome
4. Venga il tuo Regno
5. Sia fatta la tua volontà
6. Come in cielo così in terra
7. Il nostro pane quotidiano
8. Rimetti a noi i nostri debiti
9. Come noi li rimettiamo ai nostri debitori
10. Non ci indurre in tentazione
11. Ma liberaci dal male
12. I mille volti del Padre Nostro
Il nostro pane quotidiano

La richiesta del pane è la più umile delle domande del Padre Nostro, ma si trova al centro (è infatti la quarta delle sette domande), e questo ne dice l’importanza. Dalla formulazione della domanda del pane traspare un vivo senso della dipendenza da Dio: il pane è «nostro», frutto del nostro lavoro, e tuttavia lo si chiede al Padre come un dono. E’ un primo tratto importante, da esprimere non soltanto nella preghiera, ma nella vita. La Bibbia si è accorta da sempre che l’orgoglio dell’uomo di fronte ai frutti del proprio lavoro non raramente conduce alla violenza e all’ingiustizia, e ancora più frequentemente alla dimenticanza di Dio, come avviene quando l’uomo attribuisce a se stesso – soltanto a se stesso – ciò che invece è dono. Si legge nel libro del Deuteronomio: «Guardati dal dire nel tuo cuore: la mia forza e la robustezza della mia mano mi hanno procurato questo benessere. Ricordati del Signore tuo Dio, poiché Lui ti ha dato la forza di procurarti questo» (8,11-18). Accanto al senso della dipendenza da Dio, un vivo senso di fraternità. Il cristiano che recita il Padre Nostro prega al plurale, chiede il pane comune, il pane per tutti, non soltanto per se stesso. Questo tratto rinvia all’esempio della prima comunità di Gerusalemme, di cui parla Luca nel libro degli Atti degli Apostoli. Due volte Luca precisa che «avevano tutto in comune» e che «vendevano le loro proprietà» (2,44; 4,32). Non si tratta di un’abolizione della proprietà, ma del desiderio di condividere fra tutti le proprie sostanze. Un desiderio che sorgeva spontaneo da una duplice convinzione: che Dio è Padre di tutti e che il Signore Gesù è morto per tutti. Luca precisa poi che i beni emersi in comune venivano distribuiti «a ciascuno secondo le sue necessità» (4,35). E’ dunque chiaro che l’ideale perseguito non era quello della povertà volontaria, ma quello di una carità che non può tollerare che vi siano fratelli nell’indigenza. E infine Luca annota che «erano un cuor solo e un’anima sola» (4,32). Quest’ultima annotazione è fondamentale per comprendere le due facce inseparabili della fraternità cristiana, che è insieme interiore ed esteriore, coinvolge l’anima e la vita. La sua radice è nel cuore dell’uomo. «Cuore e anima» non è tanto un’espressione che dice l’interiorità, quanto piuttosto la totalità: cuore ed anima designano il “centro” della persona. Potremmo parafrasare così: tutta la persona – a partire dal suo centro o dalle sue radici – deve protendersi nella fraternità. Dalla domanda del pane traspare un vivo senso di sobrietà. Si chiede al Padre il pane sufficiente per oggi, nulla di più. Nessun inutile affanno, nessuna passione per l’accumulo. Il Regno al primo posto, il resto quanto basta. Il contrario di questa sobrietà è l’affanno, come spiega Matteo in un passo che costituisce un diretto commento al Padre Nostro: «Per la vostra vita non affannatevi per quello che mangerete o berrete: per il vostro corpo di come vestirete… Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste altre cose vi saranno date in più… Basta a ciascun giorno il proprio affanno» (6,25-34). Affannarsi per accumulare è idolatria. Non è nell’accumulo che va posta la sicurezza della vita. L’affanno – che cosa mangeremo? che cosa indosseremo? – è contro l’uomo, perché lo priva della gioia di vivere. Perennemente insoddisfatto, insicuro, l’uomo cade nell’esasperazione del lavoro e dell’accumulo e, quindi, nella schiavitù. La domanda del pane rinvia anche all’episodio anticotestamentario della manna: «Mosè disse loro: nessuno ne avanzi per domani. Ma essi non ascoltarono Mosè e alcuni ne presero di più per l’indomani: sorsero dei vermi e si corruppe» (Es 16,19-21). La lezione del miracolo della manna non è soltanto la fiducia nel dono di Dio, che ogni giorno pensa al suo popolo, ma anche – e forse ancora di più – la proibizione dell’accumulo: si deve soltanto raccogliere il cibo che basta per un solo giorno. L’accumulo imputridisce. Come conclusione di quanto detto riporto l’intelligente preghiera di un antico saggio, che si legge nel libro dei Proverbi: «Due cose ti chiedo, non negarmele prima che io muoia: allontana da me falsità e menzogna, non darmi povertà o ricchezza, ma fammi gustare il mio pezzo di pane, perché, saziato, non abbia a insuperbire e dica: chi è il Signore? Oppure, trovandomi in povertà, non rubi e bestemmi il nome del mio Dio» (30,7-9).
(Don Bruno Maggioni: estratto da “Padre Nostro” Editrice Vita e Pensiero 1998)